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Sicurezza IT, cosa insegna il caso Louvre su password e sistemi legacy audit

Sicurezza IT cosa insegna il caso Louvre su password sistemi legacy e audit

5 min.

Chi si occupa di sicurezza lo sa: gli incidenti nascono spesso da basi trascurate. Il recente furto al Louvre riaccende il tema: vecchi audit (riemersi ora) segnalavano password prevedibili e sistemi obsoleti—un promemoria dei rischi legati al “legacy” e alla scarsa igiene digitale.

In questo articolo separiamo fatti e interpretazioni e li traduciamo in azioni rapide per PMI e PA: MFA sugli accessi critici, gestione del parco legacy, audit con remediation misurabile. Obiettivo: ridurre il rischio con misure semplici e sostenibili.

Cosa insegna il caso Louvre sulla Sicurezza Operativa

Cosa insegna il caso Louvre sulla sicurezza operativa

Il furto al Louvre ha riportato l’attenzione su alcune criticità già note in audit storici: uso di password prevedibili e presenza di sistemi legacy non più supportati. È importante chiarirlo: questi elementi provengono da verifiche d’anni fa, riemerse nel dibattito pubblico, e non provano che fossero effettivamente in esercizio il giorno dell’evento. Restano però segnali utili per qualsiasi organizzazione: quando le raccomandazioni degli audit non si trasformano in remediation, il rischio residuo rimane alto. Per le aziende italiane, il caso è un promemoria operativo: igiene delle credenziali, gestione del parco applicativo e risposta strutturata agli audit sono priorità che impattano sicurezza, compliance e continuità del servizio.

Tre lezioni pratiche per mettere al sicuro la Tua Azienda

Tre lezioni pratiche per mettere al sicuro la tua azienda

  1. Password & accessi
    La prima difesa è togliere valore alle credenziali. Questo significa attivare la MFA almeno su account amministrativi e su tutti gli accessi da remoto: un passaggio a basso impatto che neutralizza gran parte dei furti di password. A monte, l’adozione di un password manager aziendale riduce riuso e debolezze, mentre le politiche di rotazione vanno rese ragionate: niente scadenze arbitrarie che spingono a stratagemmi insicuri, sì a controlli su riuso e compromissione note (es. controlli contro password “pwned”). L’enforcement tecnico fa la differenza: SSO per centralizzare le sessioni, conditional access per alzare il livello di verifica quando il rischio aumenta (nuovo device, geolocalizzazione insolita), policy di complessità e blocco per impedire brute force e tentativi ripetuti. L’obiettivo non è complicare la vita agli utenti, ma rendere gli abusi costosi per l’attaccante e trasparenti per l’IT.
  1. Legacy management.
    La superficie d’attacco si governa conoscendola. Si parte da un inventario puntuale di hardware e software, con classificazione della criticità: che cosa è esposto, che dati tratta, che dipendenze ha. Su questa base si costruisce una roadmap di dismissione dei sistemi EOL (come vecchie versioni di Windows), evitando “big bang” e preferendo passaggi misurati: segmentazione di rete per isolare il legacy, principi di least privilege, e dove serve virtualizzazione/VDI come ponte temporaneo per mantenere operatività limitando il rischio. Il tutto sostenuto da un processo di patch & vulnerability management con SLA chiari e finestre di manutenzione concordate con il business. La metrica che conta è il tempo: quanto impieghiamo a rilevare, prioritizzare e correggere una falla? Ridurre questo ciclo è un investimento diretto sulla continuità del servizio.
  2. Audit remediation.
    Gli audit non servono a “spuntare caselle”, ma a guidare la correzione. Ogni finding deve tradursi in un piano d’azione con owner, scadenze e KPI (es. tasso di abilitazione MFA, MTTP/MTTR di patching, copertura EDR). La validazione non è una foto annuale: combina verifiche periodiche (vulnerability scan, pen test o red team mirati) con tabletop di incident response per allenare ruoli, decisioni e comunicazioni. Inquadrare il tutto nei riferimenti NIS2/ISO 27001 aiuta a mantenere un approccio risk-based e ad allineare misure organizzative e tecniche: policy chiare, formazione, segregazione dei compiti, gestione fornitori e controllo continuo. In pratica: dal documento all’azione, e dall’azione alla misurazione—solo così la sicurezza diventa un processo e non un progetto una tantum.

Impatti per Compliance e Business, caso Louvre

Impatti per compliance e-business

Per molte realtà (soprattutto quelle che rientrano tra operatori essenziali o importanti) la NIS2 rende la “security hygiene” un obbligo: gestione delle identità, patching, monitoraggio continuo, piani di risposta. Per la PA il tema è anche reputazionale e di responsabilità amministrativa: audit ignorati possono tradursi in richiami, rilievi e perdita di fiducia. Sul piano economico, ogni vulnerabilità non gestita aumenta il rischio di fermo servizio (interruzioni, straordinari IT, penali contrattuali) e il danno reputazionale: clienti e partner ricordano i disservizi più delle promesse. Infine, c’è il fronte commerciale: sempre più capitolati e vendor due diligence richiedono prove concrete di igiene di base (MFA, gestione patch, backup testati). Investire ora in misure semplici e misurabili diventa vantaggio competitivo: meno rischi, più punteggio in gara, on boarding più rapido nelle forniture.

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Fonte: Furto del Louvre: Windows 2000 e Windows XP nelle reti oltre che a password banali

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